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L’acropoli ed i Templi di Vesta e Sibilla

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  • Piazza Tempio di Vesta, 2, 00019 Tivoli RM, Italia

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L’acropoli della Tivoli protostorica sorgeva su un colle inaccessibile, principalmente grazie alle condizioni di facile difendibilità. Che la vita vi si svolgesse fin dall’età del ferro è dimostrato dai molti rinvenimenti di ceramica tipica del periodo, raccolta nell’area del cosiddetto Tempio di Vesta.

Non vi è dubbio che sull’ acropoli sorgessero vari templi fin dall’età paleo-repubblicana, anche se non ne abbiamo le prove tangibili, a causa anche del fatto che in quel periodo essi erano realizzati con strutture lignee.

Nel punto in cui l’ acropoli si legava con il resto della città, per ovvi motivi strategico-difensivi, fu scavato un profondo fossato, largo almeno 4 metri, di cui non possiamo determinare esattamente l’epoca dei lavori, ma che comunque è molto antica. Attualmente esso è superato dal ponte di S.Martino.

Non sappiamo a chi era dedicato il tempio rettangolare presente nell’acropoli, tecnicamente definito dagli studiosi come prostilo tetrastilo pseudoperiptero, perché presentava quattro colonne sul davanti e serie di finte colonne addossate alle tre pareti esterne laterali. Attualmente mancano le due colonne centrali, mentre in qualche caso le pseudocolonne laterali, già scarsamente aggettanti, sono quasi del tutto scomparse.

Il tempio vero e proprio poggia su un podio alto m. 1,76, il quale a sua volta insiste su una piattaforma di blocchi di tufo che ha lo stesso perimetro del tempio, che si rivela un rettangolo regolare di m. 15,90x 9,15, con orientamento est-ovest. Le colonne e le pseudocolonne sono scanalate e poggiano su una base attica molto bassa, la quale a sua volta poggia direttamente sullo stilobate. I capitelli erano ionici.

Notevole è l’eleganza del podio, che presenta due gole rovesce, di base e di coronamento, non eccessivamente arrotondate come accade in epoca più antica, per cui gli studiosi vorrebbero datare il tempio al II sec. a.C. Nel medioevo esso fu trasformato in una chiesa ( S.Giorgio) che è ricordata nei documenti fin dal 978.

Il tempio sorge accanto al tempio di Vesta ed è costruito interamente con travertino di Tivoli. La tradizione e citazioni di storici latini confermano l’esistenza del culto della Sibilla Tiburtina, dal nome Albunea che fu considerata la decima delle sibille esistenti nell’antichità. Un’effige della Sibilla era scolpita su una lapide posta nell’atrio del tempio, ma fu distrutta con la speranza di trovarvi un tesoro dietro di essa. Furono invece rinvenute delle ceneri che alcuni storici ritennero fossero quelle della Sibilla Tiburtina.

Fra i tanti monumenti tiburtini dell’età classica, il più suggestivo è stato sempre considerato il tempietto rotondo che tanto fascino conferisce alla città di Tivoli.

Non sappiamo a chi sia stato dedicato, nonostante non manchino congetture, secondo le quali sarebbero stato innalzato ad Ercole, il nume protettore di Tibur, oppure alla nota Albunea, e ancora a Vesta, ed a Tiburno, l’eroe che avrebbe dato il nome alla città.

In realtà identiche divinità sono state proposte anche per il tempio rettangolare sopra descritto. Il tempietto circolare in ogni caso viene comunemente attribuito alla divinità romana Vesta, il tempio si erge nel quartiere più alto del rione Castrovetere ed è considerato l’unico esempio ancora integro dei numerosi templi dedicati nell’antichità, con molte probabilità, a Vesta, il cui culto fu introdotto a Roma dal re Numa Pompilio.

I doveri delle sacerdotesse di Vesta, le Vestali, consistevano principalmente nel mantenere costantemente acceso il fuoco sacro sull’altare (posizionato centralmente all’interno del tempio) della loro divinità e nel fare e conservare voto di virginità fino all’età di trent’anni, dopodiché potevano essere sciolte dal vincolo e sposarsi.

Il tempio, del I sec. a.C., presenta le seguenti caratteristiche: periptero corinzio del diametro di mt. 14,25 su un alto podio di calcestruzzo, rivestito in opera quadrata di travertino alto mt. 2,395.

Sul podio sorge, interamente, una cella rotonda, che ha una porta e due finestre, attorno alla quale gira un ambulacro, largo mt. 2,78, abbellito esternamente da 18 colonne (ora solo 10). Queste, che poggiano su una base attica, presentano 18 scanalature, la cui profondità va attenuandosi salendo verso l’alto. Sulle colonne poggiano capitelli di stile corinzio-italico, al di sopra dei quali è impostata la trabeazione, anch’essa di travertino, splendidamente decorata (a festoni alternati a bucrani).
Sull’architrave è inciso il nome di colui che curò la realizzazione del tempio: Lucio Gellio. Il tempio rotondo, nelle intenzioni degli architetti preposti al piano regolatore dell’età sillana, che avrebbe dato un volto nuovo all’intera Tibur, doveva sorgere sopra i dirupi creati dalla cascata dell’Aniene, a dominio dei sottostanti burroni, quasi simbolo della capacità umana di saper costruire anche sui luoghi meno accessibili, contro tutte le difficoltà naturali. Questi architetti fecero prima innalzare potenti costruzioni ad arcate sopra gli speroni rocciosi (che con due piani raggiunsero il livello del più antico tempio rettangolare) per creare una piattaforma artificiale, sulla quale eressero, poi il tempio rotondo, il cui effetto scenografico è volutamente studiato e messo in relazione con il “bello orrido” sottostante.

Qui si aprivano grotte e anfratti; qui precipitava fragorosamente l’Aniene; qui o nelle immediate vicinanze doveva essere il bosco di Tiburno; qui doveva trovarsi l’antro di Albunea (la domus Albuneae resonantis di cui parla Orazio).

Dal confronto tra la ricostruzione della pianta dei templi e lo stato attuale, si può rilevare quanto sia andato perduto delle antiche costruzioni. Probabilmente dei due templi nulla sarebbe restato, data l’avida ricerca di marmi e pietra sagomata da riutilizzare in nuovi edifici, se essi non si fossero trasformati nel medio evo in chiese cristiane. Questo saccheggio, continuato  fin quasi al secolo scorso, portò a rapida fine gli antichi edifici, considerati alla stregua di cave, da cui bisognava asportare il massimo possibile.

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