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Tivoli Villa D’Este: la storia e gli artisti

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Nel settembre del 1550 Ippolito d’Este, cardinale di Ferrara, veniva nominato governatore a vita di Tivoli e prendeva possesso dell’abitazione di servizio nel Convento dei Francescani, comprando alcuni terreni nel pendio sottostante il Convento. Tra il 1560 e il 1561 cominciò la trasformazione in giardino dell’area acquistata, con l’installazione delle prime condutture d’acqua. La ristrutturazione e l’ampliamento dell’antico convento, iniziati dopo i primi lavori preparatori del giardino, si svolsero quasi contemporaneamente a quelli dei viali e delle fontane.

Il primo nucleo dei lavori del Palazzo si sviluppa intorno al cortile e comprende le ali nordest e nordovest dell’antico convento e la facciata sul giardino.
L’aspetto iniziale dell’edifi cio, prima dell’aggiunta dei due corpi angolari, aggettanti, è visibile nell’aff resco del salotto al piano terreno, databile al 1568. La decorazione dell’interno comincia nel 1563 e prosegue fino alla morte di Ippolito (1572), restando parzialmente incompleta. Nelle varie stanze sono sono all’opera squadre di stuccatori e pittori alle dipendenze di Girolamo Muziano (Stanza di Noe, Salone della Fontanina, Sala di Ercole), Livio Agresti (Appartamento del Cardinale: camera, anticamera, salone, galleria, sala VIII), Federico Zuccari (Stanza della Nobiltà, Stanza della Gloria, Cappella nell’Appartamento del Cardinale, dipinto centrale della volta nel Salone della Fontanina, dipinto centrale nella Sala di Ercole), Cesare Nebbia (Prima Stanza Tiburtina, Seconda Stanza Tiburtina) e, dal 1568, Durante Alberti (Stanza di Mose, Stanza di Noe).

Nel giardino si susseguono, dal 1567, le opere degli idraulici (Curzio Maccarone, Luc Le Clerc, Claude Venard), quelle dei muratori e degli scalpellini e, infine, quelle degli scultori (Giovan Battista Della Porta, L. Sormano, F. Gagliardi, P. Figoli, P. Della Notte, Gilles Van Den Vliete) e quelle degli stuccatori e mosaicisti. Nel 1572 neanche i lavori di allestimento del giardino erano compiuti e furono fatti proseguire dal Cardinale Luigi d’Este, erede di Ippolito, ad opera del ferrarese Alberto Galvani, che appare nel ruolo di direttore dei lavori, e di Flaminio Ponzio.

Nell’allestimento del giardino è menzionata l’opera, attraverso ordini e disegni, di Pirro Ligorio (celebre architetto, pittore e archeologo), che dal 1550 diresse i lavori di scavo della Villa Adriana a Tivoli, e al quale il Cardinale Ippolito commissionò l’acquisto di antichità della zona, per abbellire la propria abitazione. Egli lascio prova del suo ingegno e gusto decorativo in alcune delle fontane:

La Fontana dei Draghicompletata nel gruppo centrale, con i quattro draghi alati, dallo scultore e architetto Orazio Olivieri;

La Romettale cui raffigurazioni alludono al legame storico e alla rivalità tra Tivoli e Roma, che fu iniziata da Curzio Maccarone nel 1568, su disegno del Ligorio;

La Fontana dell’Ovatoche nel grande salto dell’acqua nella vasca allude alle famose cascate di Tivoli e, nelle tre statue, ai tre fiumi che bagnano il territorio tiburtino: l’Aniene, l’Albuneo e l’Ercolaneo.

Ideata da Pirro Ligorio, la Fontana dell’Ovato è completata, nelle nicchie intorno all’esedra, da una serie di statue, raffiguranti ninfee che versano acqua, disegnate dal Ligorio ed eseguite da Giovan Battista Della Porta. A Gilles Van Den Vliete va invece riferita la statua della Sibilla Albunea e la statua di Tivoli, mentre quelle dei fi umi Aniene ed Ercolaneo sono attribuite a Giovanni Malanca. In fine a Pirro Ligorio viene attribuito il progetto della teoria di fontanelle, detta Le Cento Fontane, che con e ffetto estremamente scenogra fico delimita un vialetto del giardino.

Alcune delle fontane di Villa d’Este, sono considerate fra gli esempi piu riusciti della tecnica a mosaico rustico o a pietre mischie, che proprio nella villa estense e in alcune nobili abitazioni tiburtine vede i suoi primi, riuscitissimi, esemplari. Tra queste ricordiamo la Grotta di Diana, progettata da Curzio Maccarone e portata a compimento da Lola e Paolo Calandrino, artisti provenienti da Bologna, le cui fi rme sono incise nel basamento interno della grotta. E’ qui che l’arte dei tre abili mosaicisti, stuccatori, e fontanieri raggiunge il suo livello piu alto, per la complessità dei temi trattati e delle decorazioni elaborate, per la policromia di tessere di pietre mischie utilizzate, per l’eff etto d’insieme, scenogra fico e suggestivo.

David Robbins Coffin (1960), autore della maggiore monogra fia su Villa d’Este, rintraccia i fi loni su cui si articola il simbolismo di tutto il complesso, incentrato sulla fi gura di Ercole, nume tutelare di casa d’Este e rapitore dei Pomi D’Oro delle Esperidi, e su quella di Ippolito, omonimo del cardinale e simboleggiante La Castità. A questi due temi si collega quello della personi ficazione delle virtù e quello di Artemide contrapposta a Venere. Accanto alla celebrazione della stirpe e delle qualità morali del cardinale, altri temi simbolici esaltano i luoghi (Tivoli e Roma) e l’acqua, precipuo ornamento del giardino.

Il Coffin dimostra come il simbolismo della decorazione interna sia complementare a quello del giardino e delle sue fontane, giungendo alla conclusione che l’ideatore di un complesso così meditato e ricco di riferimenti all’antico non può essere che Pirro Ligorio. All’autore si deve anche l’individuazione delle squadre di artisti operanti alle dipendenze di Girolamo Muziano, di Federico Zuccari e di Livio Agresti.

Tra questi ricordiamo:

Matteo Neroni da Siena, collaboratore di Girolamo Muziano, attivo nelle vedute delle pareti del salotto, in quelle delle pareti delle Sale di Noe e di Mose, nonche in un paesaggio della Sala d’Ercole;

Cesare Nebbia e Giovanni Guerra, documentati nelle Stanze con le Storie Tiburtine, al piano inferiore della Villa, e riconosciuti dallo Schwanger (1962, pp 6-20) nei Cesare e Giovanni autori delle pitture della cappella;

Matteo Da Lecce e Giovanni Da Borgo, di difficile identi cazione, attivi con Livio Agresti nel piano nobile;

Dionisio e Cornelio, di origine fiamminga e di difficile identi ficazione, attivi con Livio Agresti, per il primo dei quali David Coffin propone l’identi cazione con Denijs Calvaert.

Il confronto tra lo schema decorativo del Salone al piano inferiore (1565 – 1568) e quello della Sala d’Ercole nel Palazzo Farnese di Caprarola, eseguito tra il 1567 e il 1569, ma progettato intorno al 1560, dimostrerebbe come, attraverso Federico Zuccari, lo schema farnesiano avrebbe ispirato in qualche modo la decorazione di questa stanza di Villa d’Este. Recentemente un altro problema critico interessante e stato posto in riferimento ai monocromi della volta dell’androne, i cui caratteri nordici si possono mettere in relazione con la presenza a Tivoli di pittori dell’ambito di Lelio Orsi, come Luigi Karcher e Domenico Fredino, attivi alle dipendenze di Girolamo Muziano.

A un’artista della stessa cerchia si deve la riproduzione ad aff resco del celebre disegno per la Madonna della Ghiara di Lelio Orsi, sull’altare della Cappella, probabilmente contemporaneo all’esecuzione ad aff resco dello stesso disegno ad opera di Giovanni Bianchi nella chiesa di Santa Maria della Ghiara a Reggio Emilia. Da rilevare è anche l’importanza che la pittura di paesaggio ebbe nella decorazione della Villa, dando vita ad un gusto decorativo, diff usosi poi largamente su tutto il territorio, per un tipo di paesaggio composto di elementi fi ammingo-veneti che Matteo da Siena, Cesare Arbasia e Johann Soens venivano di ffondendo; un genere che, mescolando l’insegnamento di Girolamo Muziano con le piu riduttive e facili formule di un linguaggio corrente sollecitato dall’esempio dell’incisione, avrebbe avuto una grande fortuna nella decorazione, raggiungendo vertici di qualità con Antonio Tempesta e Paul Brill.

Uno degli esempi piu signifi cativi dell’influsso e della diff usione che la decorazione di Villa d’Este ebbe nella città di Tivoli è certamente la decorazione dell’androne e del cortile di Palazzo Mancini, oggi Palazzo Giannozzi e Pacifici. Il Palazzo, che nel secolo xv era appartenuto alla famiglia Croce, venne acquistato verso la metà del Cinquecento da Mario Carlo Mancini, giure consulto e diplomatico al servizio del Papato. L’intera decorazione dell’androne e del cortile, sia pittorica che a mosaico rustico, si può far risalire alla seconda metà del secolo XVI. Nella volta a botte dell’androne compaiono aff reschi con scene di battaglie e scene mitologiche, e con lo stemma della famiglia Mancini; nel cortile le pareti risultano completamente decorate con i riquadri raffiguranti fatti storici, scene mitologiche e vedute di Tivoli, realizzati con mosaico rustico e stucco; sulla parete sinistra fi gura una fontana con telamoni, mentre il pavimento e lo zoccolo conservano ancora un rivestimento a maioliche con ragurazioni araldiche. La complessa decorazione venne probabilmente eseguita dalle stesse maestranze presenti a Villa d’Este, al servizio del Cardinale Ippolito. Per quanto riguarda gli aff reschi dell’androne si e fatto persino il nome di Giorgio Vasari, ma con ogni probabilita, essi risalgono alla scuola degli Zuccari. La decorazione a mosaico rustico è invece riferibile all’ambito di Curzio Maccarone, Lola e Paolo Calandrino, artisti bolognesi attivi nella decorazione del giardino della Villa d’Este.

Ulteriori indicazioni sul rapporto fra la decorazione di Villa d’Este e quella dei palazzi signorili di Tivoli protrebbero venire da un’analisi puntuale degli aff reschi che decorano molti di essi; ci sembra opportuno specifi care che molti tra gli aff reschi presenti nei palazzi signorili di Tivoli, che si sono potuti fotografare e studiare, ricordano gli aff reschi di Palazzo San Bernardino, posti sulla parete destra della sala Omonima, datati alla seconda metà del secolo XVII. Sulla parete sono dipinti due riquadri raffiguranti Lo sbarco degli Argonauti, fondatori di Tivoli, e La recinzione di Tivoli entro le mura urbane, attribuiti a Francesco Traballese, artista attivo nella seconda metà del secolo XVI.

L’artista presenta una certa freschezza narrativa nel ritrarre il lavoro campestre ed edile, e un gusto tipicamente manierista nel rendere, in trompe l’oeil, fi nte sculture, ghirlande, pergamene, medaglioni e ori. Fra i due riquadri suddetti e dipinta un’altra scena raffigurante la Sibilla Tiburtina che profetizza la nascita di Gesù, che presenta una fattura piu incerta delle altre, e che è stata piu genericamente attribuita alla scuola degli Zuccari.

Purtroppo molti aff reschi, in generale poco conosciuti, non si sono potuti studiare a causa del diniego dei proprietari a permettere il rilevamento fotogra fico. Tra quelli studiati, segnaliamo le interessanti decorazioni del piano nobile dell’ex Palazzo Lolli di Lusignano, poi De Angelis e Bellini, con scene della storia di Tivoli e paesaggi tiburtini, decorazione certamente compiuta da maestranze attive a Villa d’Este, forse presso la scuola degli Zuccari, ma poi probabilmente ritoccate a tempera nel secolo XVIII.

Lo stuolo di decoratori attivi nella Villa estense, in un’impresa di lavoro collettivo in cui, come abbiamo visto, è assai arduo distinguere le diverse mani e ricondurvi le singole opere, fu largamente attiva non solo a Tivoli, ma anche nel territorio a sud e nord della cittadina. Villa d’Este si può quindi considerare un vero e proprio centro di irradiazione di un gusto decorativo aggiornato su uno stile moderno, che venne ben presto assimilato anche nelle zone periferiche, formando i pittori locali.

17 novembre 2013 |

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